presenta:
SABRA
”La speranza non muore mai?”
Gerusalemme.
Per un motivo o per l’altro, questa città è considerata sacra dalle tre
religioni monoteiste più diffuse sul pianeta. Ciò, anziché cementare i tre
culti, accomunati non solo da questo, non ha fatto altro che fomentare e
giustificare una guerra senza frontiere tra Israele e Palestina.
Ruth Bat-Saraph, la mutante nota come Sabra,
è attiva da anni per cercare di arginare la follia che impazza in questi
territori. Ha un buon motivo per farlo: suo figlio Jacob perse la vita in un
attentato terroristico palestinese. Il ricordo della tragedia le ha sempre dato
il coraggio e la forza di non mollare mai la sua causa, cercando di impedire che
altre famiglie soffrissero per la perdita dei propri cari. Durante gli anni ha
subito qualche distrazione causata dai fantomatici eroi americani… ha un buon
rapporto con gli X-men, per esempio… ma non può fare a meno di chiedersi cosa
stanno facendo in questo momento, perché non sono al suo fianco, con i loro
numerosi colleghi statunitensi, a cercare di arginare i massacri che avvengono
in questo angolo del mondo?
Sono troppo presi dalle loro nemesi vendicative e dalle loro seghe mentali,
pensa Ruth, comprensibilmente incattivita dalla situazione. Grazie alla sua
cappa levitante, sta inseguendo da un bel pezzo un mutante palestinese. Non sa
come si chiama, e non le interessa. Capisce solo che ha poteri energetici e che
probabilmente non ha buone intenzioni. Ma non ne è sicura.
E’ dalla proclamazione della prima Intifada che non è più sicura di niente,
che tutte le sue ultime certezze sono crollate.
- Fermati! – gli intima, in arabo. Come agente del Mossad ha dovuto imparare
quella lingua… ma, con la sua missione eroica, l’avrebbe imparata per forza
di cose.
Ascoltato l’avvertimento, il palestinese decide di dare un taglio a
quell’assurda fuga e di liberarsi una volta per tutte della donna.
- Va all’inferno, puttana ebrea! – le urla, facendo una brusca inversione di
marcia. Purtroppo per lui, i poteri di Sabra contemplano anche una velocità
disumana che le permette di scansare agilmente le raffiche dell’avversario.
- Vacci tu, assassino – gli dice, prima di colpirlo con un colpo paralizzante,
che lo fa crollare al suolo, agevolando il suo arresto.
E’ la solita, tragica routine quotidiana. Lotta disperatamente, non solo a
livello fisico, ma anche nella sua mente, per evitare che la situazione susciti
anche in lei quell’indifferenza “da abitudine” che ha colpito il mondo
occidentale. Tutto questo non è normale, non può considerarlo tale.
Ogni tanto, però, qualcosa di ancora più anomalo attira l’attenzione di
Sabra. Come avviene oggi.
Cos’è?, pensa, vedendo un puntino luminoso scendere dal cielo, a
chilometri di distanza. Sta atterrando poco fuori Gerusalemme, ma… le vengono
i brividi! E se fosse un’arma nucleare? O batteriologica? Sarebbe la fine
della sua causa… per questo non perde tempo a spiccare il volo e a sfrecciare
più velocemente possibile verso il luogo dell’impatto, con il sangue che le
pulsa al cervello come le capita poche volte. Questi potrebbero essere i suoi
ultimi secondi di vita, se le sue previsioni sono esatte.
Per fortuna, arrivata a destinazione, il sollievo la rincuora. Nel bel mezzo di
una piazza – deserta, la gente è scappata evidentemente – c’è un
piccolissimo cratere… e all’interno, un uomo che ha incontrato solo un paio
di volte. Un eroe come lei.
- Cavaliere Arabo! – gli urla, avvicinandosi. Teme possa essere morto, visto
il modo assurdo in cui è precipitato.
Abdul Qamar si volta verso di lei, confuso. E’ evidentemente segnato da quella
caduta, è circondato da piccole fiammelle causate dall’attrito, il suo
costume è bruciacchiato. Per fortuna, il suo tappeto magico appare intonso,
probabilmente è stato quello a proteggerlo.
- Sabra… - la riconosce, con voce flebile.
- Che ci fai qui? Come sei arrivato…
- Io… - cerca di ricordare, alzandosi usando la sua spada come appoggio
– stavo combattendo con l’ennesimo Djinn che quel… figlio di buona donna
di Padron Khan mi ha mandato contro… ce
l’ha a morte con me…
- Parli di quei demoni della tradizione araba? – chiede conferma, mentre gli
tende la mano per aiutarlo.
- Esattamente… l’ho dovuto seguire fin qua… grazie, comunque.
- Di niente… sei l’eroe più importante del mondo islamico, e per di più
sei un moderato… come potrei non stimarti?
- Lo stesso vale per me, credimi…
- Soprattutto perché so che in molti paesi musulmani i mutanti… o i metaumani
in genere sono considerati aberrazioni, spesso lapidati per le loro facoltà…
- Già, per questo non sono ancora riuscito a fondare i Vendicatori del Golfo
Persico.
I due eroi sorridono. E’ proprio vero che c’è latitanza di supereroi, nel
mondo islamico quanto in quello ebraico.
- Davvero, grazie dell’aiuto, Sabra… ma adesso devo andare…
- No! Ascolta… il caso ci ha fatto rincontrare… e, personalmente, non
aspettavo altro…
- In che senso?
- Sono stufa di vivere in un paese dove impera la guerriglia! E so che la
Palestina non è la tua patria, che hai doveri verso i paesi sauditi… ma
questo è un conflitto che riguarda anche voi. Ci sono troppe tensioni qui nel
Medioriente… e dovremmo iniziare a cercare di risolverle definitivamente, una
ad una.
- Concordo… ma… per quanto ritenga indispensabile una giusta trattativa tra
tutti questi stati… che si tratti di Israele e Palestina, di Iraq e Kuwait, o
Halwan e Murtakesh… be’, non penso che noi possiamo accelerare i tempi o
cosa…
- E no! Non venirmi a dire che non possiamo fare la differenza, quando ho
salvato centinaia di persone in questi anni, fermando i terroristi islamici o
interponendomi tra i carri armati del mio paese e i palestinesi!
- Ok, hai ragione… forse sono stato io a non aver fatto abbastanza per
risolvere le crisi della regione… ma sento che le forze in gioco sono qualcosa
di troppo grande anche per noi eroi… possiamo combattere i sintomi, certo, ma
non il male che c’è dietro!
- Dici? Penso sia ora di dimostrarlo! Non può andare avanti così… è
praticamente passato un anno, dagli attentati in America… le cose sono
precipitate e non sembrano destinate a migliorare. Più attentati riesco a
sventare, più kamikaze umani e terroristi mutanti partono all’attacco.
E questo, nonostante gli sforzi dei nostri pochissimi colleghi. Il problema va
risolto alla fonte, una volta per tutte… e non solo da parte della Palestina.
- In che senso?
Sabra ha preso una decisione che non ha mai avuto il coraggio di prendere in
tutti questi anni. E le servirà il sostegno del Cavaliere Arabo per metterla in
atto.
Kenesset.
I fucili puntano tutti contro di loro, nonostante la fama di lei. L’esercito
sta proteggendo bene la sede del proprio governo, soprattutto vedendo il noto
eroe arabo accanto a Ruth, la quale mostra il suo tesserino di poliziotta e
quello di agente segreto.
- Devo parlare con il Primo Ministro.
- Ha un’udienza? – chiede, visibilmente allarmata, una delle due sentinelle
all’ingresso.
- No… ma pretendo di parlargli adesso.
- Non siamo autorizzati a…
- Senti, amico! Se hai moglie e figli, probabilmente, sono vivi grazie a me! E
se ce li avevi… mi dispiace, faccio quel che posso!
I due soldati si guardano. Non sanno cosa fare… in fondo, pur essendo
islamico, il Cavaliere Arabo non è palestinese. E Sabra è un mito per molti di
loro.
- Siamo qui in veste del tutto diplomatica. Se volete, lascio qui la mia unica
arma – li rassicura Abdul, poggiando la sua spada sul pavimento (sa che
nessuno potrà sollevarla senza che lui lo voglia. In fondo è incantata).
- Vado a chiedere se è disponibile e se possiamo far entrare lui – le
concede uno dei due.
Dieci minuti dopo, Ruth è al cospetto del suo Primo Ministro, l’opulento
Ariel Sharon, insieme ad Abdul Qamar.
- Salve, signore… grazie di averci ricevuto – esordisce il Cavaliere con
diplomazia.
- Salve, Sabra… - risponde il leader, senza neanche calcolare
l’islamico - a cosa devo la tua visita e la sua?
- Signore… sa quanto stia combattendo in prima linea per arginare il problema
palestinese…
Il premier annuisce, forse preso da altri pensieri. E’ preoccupato che il
Cavaliere Arabo possa attentare alla sua vita, ovviamente. Ma è rincuorato
dalla vista delle sue guardie del corpo con le armi spianate.
- … ma per questo so quanto è grave la situazione, e so cosa sarebbe meglio
fare per domare questo… incendio. Deve fermare l’Intifada!
Sharon la guarda sorpreso, poi sorride inquietantemente.
- Sabra, mi meraviglio di lei! Dopo quello che le hanno fatto… osa venire a
insegnarmi come si fa la politica?
- Non risolveremo niente così! L’unico effetto sarà quello di dar loro una
giustificazione… è vero, ci sono moltissimi integralisti fra di loro –
dice, indicando il suo compagno -
pronti a sterminarci in ogni caso, ma… non è giusto. Lui è la dimostrazione
che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. C’è qualcuno pronto al
dialogo. Se cessa il fuoco da parte nostra, se i carri armati si ritireranno dai
territori, forse…
- Sono davvero indignato dalle sue parole – ammette Sharon, mostrando il suo
risentimento anche con l’espressione del viso.
- Signore, ma persino gli Stati Uniti hanno intimato… - cerca di intromettersi
Abdul, invano.
- Via. Sabra, torni sulle strade, a fare il lavoro per cui è nata e per cui è
stata tanto apprezzata da questo governo. Dia a Cesare quel che è di Cesare…
come diceva quel falso messia.
Ruth guarda il primo ministro per qualche secondo, completamente delusa.
- E so che siete tentati di usare la forza… i vostri fantomatici poteri, per
fermarci. Ma penso che non ne siate assolutamente capaci, data la vostra assurda
morale. E la vostra visita diplomatica è del tutto infruttuosa. Se non seguo le
direttive degli americani, perché dovrei seguire le vostre? Perché potreste
uccidermi in un batter d’occhio? Verreste crivellati di colpi il secondo dopo,
e non avreste comunque risolto la situazione. Anzi. Dietro ogni problema, ci
sono molte più cause di quelle che l'uomo comune può capire.
- E’ stato molto chiaro, primo ministro. Addio – si congeda Sabra, alzando i
tacchi per andarsene.
- Non si meravigli dell’ondata di antisemitismo che sta investendo il mondo,
allora – conclude il Cavaliere Arabo, sbattendo la porta dietro di sé.
Cisgiordania, Ramallah.
- Non è ancora detta l’ultima parola – cerca di essere ottimista Sabra.
- Io ti avevo avvertito, sapevo sarebbe stato del tutto inutile. E poi,
stavolta, potrebbe essere più difficile essere accolti. Nessuno dei due ha
alcuna autorità in Palestina…
- Non ho detto che verremo accolti pacificamente – lo avvisa Ruth, facendolo
preoccupare.
Il tappeto magico su cui stanno sorvolando i cieli del Medioriente è molto
veloce, eppure ci è voluto un bel po’ raggiungere la sede provvisoria del
governo palestinese, non tanto per i patetici tentativi di difesa da parte delle
sfornite autorità palestinesi, ma più che altro per la distanza. Ma adesso sono
davanti al palazzo di Arafat, assediato dall’esercito israeliano. Qualcuno
cerca di sparar loro a vista con armi non certo all'avanguardia, invano. Il
tappeto si ferma sospeso, accanto ad una finestra del palazzo. Sabra irrompe
fragorosamente nella stanza privata di Yasser Arafat, seguita a ruota dal
Cavaliere Arabo, piuttosto perplesso da questa strategia.
In un attimo, una dozzina di armi sono puntate su di loro, gli indici pronti a
premere il grilletto. Prontamente, Ruth solleva le braccia in segno di pace, lo
stesso fa Abdul, il quale afferma:
- Fermi! Vogliamo solo parlare!
I fucili non si abbassano, ma perlomeno non sparano nessun colpo. Rivolto al
presidente palestinese:
- Le possiamo parlare a quattr’occhi, pacificamente? Garantisco io per lei.
- E’ venuta per conto di Sharon? – chiede il leader palestinese, indicando
con la testa Sabra.
- No… siamo venuti di nostra iniziativa.
- Ormai siete qui, quindi parlate pure, vi ascolto. Ma non chiedetemi di far
abbassare le armi. E’ una mutante ebrea al servizio di Sharon e, per quanto ne
so, potrebbe uccidermi senza che nemmeno me ne accorga.
- Non sono così meschina, signor Arafat – esordisce in perfetto arabo Sabra -
Le assicuro che mi è costato molto venire fin qui… lei dovrebbe rappresentare
tutto ciò che dovrei odiare. I terroristi del vostro paese hanno ucciso mio
figlio, miei amici, i miei compaesani… eppure, sono qui a chiederle di
collaborare.
- Collaborare?
- Lei è pur sempre un presidente… deve avere qualche potere da esercitare. Le
normali forze diplomatiche non hanno convinto né lei né il nostro primo
ministro a collaborare… spero che la vista di due eroi appartenenti a nazioni
in guerra, ma alleati possa suscitare in lei…
- Oh, per piacere… è tanto ingenua e idealista da pensare di poter convincere
me o qualunque altro presidente a fare qualcosa?
- Sì. Non mi dichiaro un’eroina a caso… e lo stesso vale per lui, che fa
pur sempre parte dell’Islam. E per questo dovrebbe guadagnare la sua stima.
- Mi faccia il piacere… allora vada dal signor Bush, se pensa di avere una
parlantina convincente.
- Per l’amore del cielo, Arafat… lei ha vinto il premio Nobel per la pace!
Vorrà pur dire qualcosa – si augura il Cavaliere.
- Non c'è molto che io possa fare per la pace...
- Se è il primo a pensarlo, tutto questo non finirà mai… condanni ancora gli
attentati! La sua parola…
- La mia parola non conta, signor Qamar. Eppure, ho preso la decisione di
parlare alla nazione, condannare nuovamente il terrorismo e offrire le mie dimissioni. Ma
ciò non toglie che i gruppi terroristici che il mondo pensa che io supporti…
sono cani sciolti.
- Mi permetto di dubitarne - osa insinuare Sabra.
- Liberissima. Le variabili in gioco sono troppe. Se ci aveste pensato, non sareste
nemmeno venuti qui. E adesso lasciate la Palestina, se non volete essere
arrestati. Sarà un agente dello SHIELD saudita, Cavaliere, ma non ha
l’autorità e il diritto di essere in questa stanza. Mi lamenterò con i suoi
capi di questo.
- Va bene. Addio, signor Arafat.
E in pochi secondi, i due eroi hanno lasciato la zona.
- Non vorrei ripetermi, ma… te l’avevo detto – dice Abdul, sul suo tappeto
volante.
- Hanno ragione, quei bastardi. Sono ingenua ed idealista… e non c’è posto
per me in questo ordine delle cose.
- Non scoraggiarti. L’hai detto tu stessa che se non fosse per te dozzine di
persone sarebbero morte a quest’ora. Questo deve bastare per andare avanti e
continuare nella tua missione.
- Grazie delle parole di conforto…
- E' solo che non puoi pensare che tutto dipenda da Sharon ed Arafat. Certo, se
il tuo primo ministro non fosse tanto... violento e vendicativo, forse le cose
andrebbero meglio.
- Vuoi forse dire che Arafat è un santo, che ha meritato quel Nobel?
- Non è un santo, certamente... ma se dovessi scegliere il male minore, be'...
non avrei dubbi sul fatto che Arafat è una persona migliore di Sharon. E non lo
dico perché sono arabo.
Sabra vorrebbe rispondergli per le rime, ma non ha intenzione di rovinare il
loro rapporto, né di dire corbellerie. In fondo è molto confusa anche lei,
probabilmente nessuno ha ragione e nessuno ha torto.
- Adesso ti riporto a Gerusalemme… devo tornare al più presto in Arabia
Saudita, dalle mie tribù.
- Va bene, grazie...
E il resto del viaggio trascorre nel silenzio più riflessivo.
Gerusalemme.
Ruth è tornata a casa, ha salutato calorosamente il suo collega musulmano… e
adesso è tra le quattro mura domestiche, sola, a piangere in privato.
Ha perso ogni speranza.
Con tutto quello che subito il suo popolo, dalla diaspora egiziana, allo
sterminio nazista e agli attacchi congiunti dei paesi arabi… dopo tutto
questo, è riuscito a passare dalla parte del torto, a usare la stessa violenza
di cui fanno uso i loro nemici… è un serpente che si morde la coda. Il
cerchio di sangue non si chiuderà mai. Non c’è alcuna volontà, da entrambi
le parti. E nessun cittadino dei due stati potrà mai uscire di casa
serenamente. La cosa la fa impazzire… il senso di impotenza è schiacciante,
opprimente. Forse avrebbe dovuto approfittarne per uccidere Arafat… o
addirittura Sharon... ma ne avrebbe ricavato qualcosa? No, anzi… avrebbe solo
peggiorato la situazione, destabilizzando ulteriormente l’area, dando motivi
ad entrambi i fronti per combattere. Il dialogo sarebbe l’unica possibilità.
In assenza di questo, tutto ciò che può fare è mettere una pezza alla
situazione… ossia, cercare di fermare con le proprie mani che israeliani e
palestinesi si sterminino a vicenda nel giro di una generazione. E’ cosciente
del dramma… ma se ne sta distaccando, così come dalla propria cultura, da cui
si sente tradita. Ma questo non la conforta, anzi: è ciò che ha sempre temuto.
Ha
dormito per molte ore. Nonostante gli innumerevoli incubi che hanno avvelenato
il suo sonno, si sente rigenerata perlomeno nel corpo, il suo fattore di
guarigione l’ha fatta risvegliare fresca come una rosa. Abbastanza da poter
indossare ancora il suo costume bianco e azzurro, come la bandiera del suo
paese. Sta meditando di cambiarlo, per manifestare il suo dissenso ad entrambi i
paesi coinvolti nel conflitto. Ormai Sabra è super partes.
Per fortuna, data l’incontrollabile situazione, ha avuto l’autorizzazione
sia dal suo lavoro di copertura (polizia) sia da quello ufficioso (Mossad) di
sospendere i suoi normali incarichi per militare attivamente nelle strade.
Altrimenti adesso sarebbe costretta in luoghi che non le permetterebbero di
salvare vite umane.
E’ più di mezz’ora che sorvola la città. Sembra tutto stranamente
tranquillo. Certo, se ogni minuto ci fosse un attentato o qualcosa di ugualmente
micidiale, basterebbero pochi giorni per radere al suolo la città santa.
Plana verso la strada, decide di camminare e di vedere da vicino la realtà che
ha giurato di proteggere. I passanti si voltano a guardarla, per lo più gli
israeliani sono divertiti o sollevati dalla sua presenza accanto a loro, e
questo non può farle che bene.
All’improvviso, però, un rombo di motore molesta le orecchie di tutti. C’è
una motocicletta di grossa stazza che corre a tutta velocità per la strada.
Per i sensi di Sabra, quel motociclista sta conducendo il veicolo al
rallentatore… abbastanza da poter analizzare la situazione. Lo guarda in
volto: è palesemente arabo. Indossa un pesante giubbotto… troppo gonfio…
con strani risvolti dei tessuti… sicuramente porta addosso molto esplosivo!
Ormai è esperta in questo, purtroppo… ma l’orrore la coglie, quando vede la
moto puntare dritta verso l’atrio di una scuola materna.
- No! – urla, lanciando una raffica paralizzante contro l’attentatore; ma il
veicolo è più veloce di lei e fa andare a vuoto il colpo. Non c’è più
tempo da perdere, capisce Ruth. Prende il volo e si precipita verso il
kamikaze… ha intenzione di prenderlo e portarlo via, sperando che la moto si
schianti sul muro, facendo meno danni possibili. Ma le cose non vanno come si
aspetta.
Non appena afferra con violenza l’arabo… tutto esplode, a non molti metri
dalla scuola.
Nonostante tutta la resistenza mutante che il suo corpo poteva offrirle… che
ha sempre sfiorato l'invulnerabilità... la detonazione è troppo intensa e
ravvicinata, e il campo di forza che ricopre il corpo di Ruth cede, sotto un
eccessivo sforzo e un eccessivo lavoro.
Qualche secondo dopo, all'interno di un modesto cratere, Sabra è riversa per
terra, in una posizione
innaturale.
Un’ora dopo, notiziario della CNN.
Una cronista riferisce, come ogni giorno, il bollettino di guerra proveniente da
Israele.
“… continua il bagno
di sangue in Medioriente, che oggi ha fatto una vittima eccellente. Parliamo
dell’eroina Sabra, la più nota e attiva paladina dell’area. Nel tentativo
di salvare una scuola materna da un assalto kamikaze, Sabra è stata
travolta in pieno dall’esplosione che ha ucciso anche il terrorista, senza che
i suoi poteri mutanti abbiano potuto far niente per salvarla. Sembra che
l’evento abbia scosso molto la popolazione e potrebbe portare un inasprimento
della lotta da parte di Sharon, che potrebbe usare parole di fuoco
nell’imminente discorso alla nazione. Anche l’ultima speranza per quei
territori sembra essere svanita”.
fine